Notte folle a Manhattan

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Pintu85
view post Posted on 4/5/2010, 17:50




Recensione comingsoon.it

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Dopo aver dimostrato una sicura professionalità con Una notte al museo e il suo sequel, entrambi rivelatisi successi commerciali di proporzioni forse anche impreviste, Shawn Levy è tornato dietro la macchina da presa per la più classica delle commedie degli equivoci. La storia è basata sui coniugi Phile Claire Foster, eccessivamente bloccati nella routine del quotidiano i quali, dopo aver rubato l’identità di un’altra coppia per ottenere un tavolo in un ristorante, si trovano suo malgrado invischiati in una storia di criminali e ricatti che darà loro molta più avventura e brividi di quanti avrebbero osato sperare.

Nulla di nuovo dunque nella trama di Notte folle a Manhattan. L’idea di partenza della sceneggiatura di Josh Klausner è quella di sfruttare l’unità di tempo, la singola notte appunto, per caricare di eventi e conseguentemente di ritmo la trama principale. Molto cinema di genere ha sfruttato questo stratagemma: pensiamo ad opere importanti come Tutto in una notte, Fuori orario, Collateral e in qualche modo addirittura Suxbad. Come questi esempi illustri, anche Notte folle a Manhattan adopera tale escamotage per serrare la narrazione e far scorrere in fretta magari qualche punto morto o qualche incongruenza dello script. Forzando i tempi, Levy compie un esperimento piuttosto interessante, che consiste nell’inserire in un lungometraggio dalle cadenza quasi action una coppia di attori la cui comicità si basa invece principalmente sui tempi di attesa, che spesso generano nonsense ed ironia surreale.

Tra Tina Fey e Steve Carell, quello a trovarsi più a suo agio con questo procedimento è senz’altro quest’ultimo, come già era successo nello spassoso Agente Smart: casino totale. La protagonista non sempre risulta efficace come in 30 Rock, la serie Tv che l’ha resa una star: il “tipo fisso” che l’attrice ha sviluppato è ormai consolidato per funzionare con i tempi narrativi più dilatati della serialità televisiva, ma nello spazio messogli a disposizione dalla singola storia di un film deve a nostro avviso ancora trovare degli accorgimenti per funzionare con pienezza.

Come succede costantemente per questo tipo di produzioni hollywoodiane di largo consumo, una nota di merito va senza dubbio anche al cast di supporto, con la collaborazione del quale Carell e la Fey riescono ad organizzare almeno un paio di tormentoni di effetto comico dirompente: merita lode un autoironico Mark Wahlberg, ma anche Ray Liotta e Taraji P. Henson sono più che efficaci. Vale la pena però spendere una parola di encomio per un caratterista a nostro avviso prezioso come William Fichtner, che i più lungimiranti ricorderanno in opere di spessore come Strange Days, Heat, Contact, Black Hawk Down. Dopo averlo rivisto con piacere nella magnifica scena d’apertura de Il cavaliere oscuro, ritrovarlo al suo meglio anche in Notte folle a Manhattan ci fa ben sperare sul fatto che la sua carriera riacquisti un minimo di continuità.
 
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